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Il Vulcano Etna
Bocche eruttive
La Storia dell' Etna
I dati e le informazioni, per questa pagina web,che ho deciso di pubblicare, cercando di dare più informazioni possibili,mi hanno portato a riprendere libri di scuola,enciclopedie e dispense prestate da professori e docenti universitari.
Una mia riflessione
Mi sembra di essere ritornato sui banchi di scuola con queste ricerche. I miei ricordi galoppano nei giorni della mia giovane età. Ricordo... le palpitazioni ed il sudar freddo all'ingresso in aula della professoressa di lettere, quella paura all'apertura del registro di classe. Lei con quell'aria di "donna che sapeva "e quell'aria di sfida, volgeva il suo sguardo verso noi ragazzi, che tra i banchi facevamo gli scongiuri per non essere interrogati; quella paura del voto che ci avrebbe rovinato la media. Lei con quella matita, che scorreva tra i nomi sul registro di classe,come se cercasse la vittima della giornata. Oggi ai ricordi si mescola la nostalgia ; penso al tempo passato, odiavo quell'anziana signora, oggi, sento che mi manca. Si mi mancano i suoi rimproveri, i suoi discorsi sulla vita e sul nostro domani. Un domani che oggi e' la realtà, che rispecchia ciò che lei cercava di farci capire mentre noi alunni aspettavamo il suono della campanella e guardavamo le lancette dell'orologio. Ma quegli ultimi minuti sembravano interminabili. Lei passeggiando tra i banchi ci incuteva terrore, sento ancora la paura di essere interrogato,quel nodo in gola quando sentivo fare il mio nome. Mi infastidiva che mi trovasse impreparato alle sue domande, allora, per me inutili. Oggi, se potessi rincontrarla forse sarebbe orgogliosa di ciò che caparbiamente ha seminato.Ma la cara e dolce prof. oggi sta insegnando la dove tutti siamo uguali, nella meraviglia dei cieli dove non esiste l'ipocrisia,dolore malvagità. La dove non c'e' ne ceto sociale, ne ricco ne povero ma tutti figli di un solo Padre.
Oggi, ricordo con affetto e con amore quella cara signora, che mi rimproverava per non aver studiato come dovevo; i suoi discorsi in presidenza, quella stanza grigia dalle pareti ornate di quadri e vecchi mobili,sotto quel lucernario di vetro smerigliato; lei rannicchiata in quella vecchia poltrona, che ripeteva" Ragusa... Ragusa" ,con quella pausa fredda … cosi ti boccio" Allora non capivo, che tutto ciò lo faceva per trasmettere il suo sapere. Un altro ricordo e' quello di un anziano signore (lo ricordo come se fosse presente un vecchio cappotto sudicio un paio di caloche infangate della terra dove lui zappava) davanti al portone della scuola mi disse:"Perché perdi tempo con questi quaderni? Vai a guadagnarti la vita nelle campagne qui non c'e' niente che ti da' da mangiare". In quel momento gli diedi ragione. Una ragione che scaturiva dal fatto che per studiare avevo poco tempo per andare a provare con il mio complesso Non mi spiegavo perché dovevo studiare le cose del passato i Romani i Fenici - Napoleone le Guerre, anziché andare in giro con la mia ragazza (ma anche lei si trovava nella situazione di dover studiare per il domani). Allora sembrava inutile e senza senso, il tempo trascorso sui libri.Oggi mi rendo conto che senza quelle ore sui libri e sui banchi di scuola, quelle alzate presto la mattina per ripassare la storia ,la geografia, ripetere la poesia, rinfrescare l'Odissea Omero, il Leopardi il Carducci il Pirandello, non potrei fare ciò che sto facendo. Ritornerei bambino per poter essere ancora più grande. Giuseppe Ragusa
Dispense fornite dal Prof. Giuseppe Sperlinga
La storia del territorio su cui sorge la città è quella delle colate laviche che lo solcano Catania preistorica
Nel 734 avanti Cristo, un manipolo di coloni greci provenienti da Calcide, città dell’isola di Lubea. approdò sulle coste joniche della Sicilia. Il clima mite e i luoghi d’incomparabile bellezza convinsero i CaIcidesi a fondare Naxos. Sette anni più tardi, seguendo la linea di costa, i coloni greci puntarono verso sud, ricacciando nell’entroterra i Siculi, che a loro volta tre secoli prima avevano respinto i Sicani. Secondo le narrazioni tramandateci dallo storico Tucidide, i Calcidesi edificarono prima Lentini e, nel 728 a. C., colonizzarono (e non fondarono, come molti ritengono) Catania, importante centro abitato incastonato tra le foci dell’Alcantara e deI Simeto. alle falde deI vulcano e su una collina strategicamente di vitale importanza. qual era quella su cui sorge il monumentale monastero dei Benedettini.Quasi duemila anni prima dell’arrivo o dei Calcidesi. che furono una vera e propria testa di ponte della colonizzazione greca in Sicilia, l’area collinare posta a ridosso deI capoluogo etneo era abitata dall’uomo preistorico vissuto tra I ‘Età deI Rame e l’ Età deI Bronzo ( 2200- 400a.a.C) come testimoniano i resti di capanne circolari e i numerosi utensili, vasi e sepolture rinvenuti nelle gallerie di scorrimento lavico esistenti tra San Giovanni Galermo. Barriera e Canalicchio.
Ma, prima della comparsa sulla scena di Sicani. Siculi e Calcidesi. qual era la morfologia originaria deI territorio su cui saranno edificati i palazzi, le chiese, le strade le piazze e i vicoli lastricati da basole laviche di Catania?Indubbiamente, la storia evolutiva della città è legata all’attività effusiva dell’Etna. Se infatti, dalla carta geologica provassimo a cancellare le colate laviche su cui poggiano le fondamenta dei palazzi e su cui sono state tracciate le strade e le piazze di oggi, si materializzerebbe un ambiente naturale con una linea di costa più arretrata di quella attuale e numerose lingue di mare che s’insinuavano a formare suggestive insenature. La foce deI Simeto era arretrata di almeno una decina di chilometri ed era indipendente da quella deI Dittaino. La Plaja. lo splendido litorale sabbioso, in gran parte non esisteva, perché si sarebbe formato dopo la disastrosa eruzione deI 1669, le cui lave, penetrando in mare. formarono una barriera per i detriti sabbiosi trasportati in mare dal Simeto.
Là dove, oggi, si estende Catania vi erano soltanto colline di argille e sabbie sciolte associate a conglomerati come quella su cui sorge il Giardino Bellini. il poggio di Cibali e una buona parte della collina di Santa Sofia, terreni sedimentari che mal si prestavono a ospitare insediamenti umani. Le più antiche formazioni laviche, le “lave della Carvana”,si sarebbero spinte poco oltre il Tondo Gioeni, ma poco si sa sulla loro origine,
E’ da escludere che risalgono al 122 a.C., come sosteneva lo Sciuto Patti, perché in alcune gallerie di scorrimento lavico presenti in quelle lave nell’area tra Barriera e Canalicchio, sono state rinvenute testimonianze archeologiche riferite alla «cultura castellucciana» (prima Età del Bronzo), oltre a ceramiche dello Stile di Thapsos, caratteristico della media Età del Bronzo. La città di Catania sarà edificata sulle lave di eruzioni che si verificherebbero dopo: nel 693 a.C. (quest’eruzione è legata alla leggenda dei Fratelli Pii, i giovani Anfinomo e Anapia che salvarono gli anziani genitori dall’avanzata della lava trasportandoli sulle loro spalle), nel 426-425 a.C., nel 122 a.C., nel 252-253 d.C., nel 1329 (le lave s’arrestarono alle porte della città davanti al velo di S. Agata portato in processione), nel 1381 e nel 1669, tutte colate che si spinsero a bassa quota e penetrarono in mare. dando origine a uno dei più bei litorali lavici del Mediterraneo. Due millenni prima di Cristo, i Sicani s’insediarono e costruirono villaggi e accampamenti nell’area compresa tra San Giovanni Galermo, Barriera e Canalicchio perché era ritenuta
più sicura e, soprattutto; più salda dei terreni sedimentari presenti a valle. I nostri progenitori preistorici utilizzarono pure le caverne laviche sia come abitazione, sia come magazzino e deposito, sia come luogo di culto
(vi seppellivano i morti e celebravano riti propiziatori). Ciò è testimoniato dalle scoperte effettuate durante le esplorazioni speleologiche di alcune gallerie di scorrimento lavico ubicate nella parte settentrionale della città.Nel catasto speleologico vi sono due cavità in lave preistoriche non datate che contenevano un «tesoro» di reperti e informazioni per gli archeologi: sono la grotta Nuovalucello, che si apre nel cortile del Seminario Arcivescovile di viale Odorico da Pordenone, e la grotta Petralia, che ha l’ingresso in un orto di via Liardo, una traversa di via Leucatia.
La grotta Nuovalucello venne scoperta nell’estate del 1945, durante lo sbancamento lavico per la costruzione del nuovo Seminario che stava nascendo in una zona sciarosa e ancora poco urbanizzata. Soltanto dieci anni dopo la caverna sarà esplorata da un paio di operai, i quali, accortisi della presenza di reperti archeologici, informarono subito la Soprintendenza Archeologica di Siracusa. Testimoni oculari dell’epoca riferiscono che gli archeologi rastrellarono una gran quantità di vasetti e frammenti ceramici, utensili, collane di conchiglie, monili, ossa di animali e, in un cunicolo laterale che gli speleologi chiapolcreto con scheletri umani, molti dei quali intatti.mano «sala dei morti», rinvennero un vero e proprio seNon si sa se il materiale rinvenuto nella grotta fu catalogato e se furono eseguite foto e descrizioni in situ. Sappiamo, però, che tutti i reperti vennero accuratamente raccolti, imballati in casse di legno e trasportati nel capoluogo aretuseo. Dopo oltre quarant’ anni, sarebbe interessante avere notizie sul destino di questi reperti, sapere se qualcuno li ha mai studiati e se sono esposti nelle sale del museo archeologico nazionale «Paolo Orsi» di Siracusa, se c’è la possibilità di farli ritornare a Catania per esporli in un museo della preistoria etnea appositamente istituito (sarebbe una grande conquista culturale per una città avara di musei scientifici, qual è appunto Catania). L’ingresso della grotta Petralia si apre a 200 metri di distanza in linea d’aria dal Seminario.È la più lunga (oltre 700 metri il suo sviluppo finora accertato) galleria di scorrimento lavico esistente a bassa quota. Questa grande caverna è stata riscoperta nel 1990 (durante l’ultimo conflitto mondiale venne utilizzata come rifugio antiaereo e, dopo la guerra, come fogna delle case vicine), perché rischiò di essere sventrata dalle ruspe impiegate per la costruzione del canale di gronda. Soltanto la caparbia, ostinata resistenza di un’esile donna, Caterina Petralia, riuscì a bloccare gli scavi.
E a salvare le preziose testimonianze dell’Età del Bronzo che la grotta custodiva da quattromila anni: vasi, utensili, sepolture umane, ossa di animali preistorici, altari primitivi, sfere laviche dall’incerto significato. Anche questa volta, dopo l’intervento degli archeologi della Soprintendenza, il materiale è stato rimosso e trasportato altrove per essere studiato. Potranno, un giorno. i catanesi, i turisti, le persone di cultura, vedere esposte in un museo le testimonianze del lontano passato della città etna?